Il tema dell’VIII edizione di Herbst Musicaux Festival è Metamorphosis, un tema che ha radici profonde nella filosofia, nella letteratura e nella storia del pensiero umano. La metamorfosi è il processo di trasformazione attraverso cui un essere o un concetto cambia forma, natura o identità.
Nella filosofia platonica la metamorfosi può essere vista come una forma di ascesa verso il Bene e la Verità. L’anima, attraverso la conoscenza e l’educazione, si trasforma e si eleva, avvicinandosi al Mondo delle Idee. Anche dal mondo latino, con Ovidio, si esprime questo concetto come conseguenza di passioni umane (amore, odio, vendetta) o della volontà divina. Questo suggerisce che l’identità non è mai fissa, ma soggetta a forze esterne. Secoli più tardi, Nietzsche introduce il concetto di Übermensch (superuomo) come una metamorfosi dell’essere umano, che deve liberarsi dalle vecchie strutture morali per creare nuovi valori. La metamorfosi è qui un atto di autodeterminazione e superamento di sé.
Dalle tradizioni orientali ci sovviene però il nesso tra musica e mutamento interiore: la relazione tra musica e metamorfosi nelle tradizioni orientali è profonda e si intreccia con concetti filosofici, religiosi e spirituali. In molte culture orientali, la musica non è solo espressione artistica, ma un veicolo di trasformazione interiore, una pratica meditativa e persino un mezzo per cambiare lo stato dell’essere. Nel pensiero taoista la trasformazione è un principio essenziale della realtà. Il Tao Te Ching di Laozi insegna che tutto è in perenne mutamento, e la musica, come il mondo naturale, deve fluire armoniosamente con il cambiamento. Il Guqin, antico strumento a corde cinese, è spesso associato al pensiero taoista. La sua musica non è solo un’espressione estetica, ma un mezzo per entrare in armonia con il Dao (道), il flusso universale. Nel Buddismo Zen, il suono ha una funzione di trasformazione spirituale. I canti sacri e i mantra non sono solo melodie, ma vibrazioni capaci di alterare lo stato mentale e condurre alla liberazione. Nell’Induismo, il concetto di metamorfosi è centrale nella musica classica indiana, che è strettamente legata alla spiritualità. Il suono primordiale “Om” (ॐ) è considerato l’essenza della creazione, la vibrazione da cui tutto ha avuto origine. Cantare il “Om” è visto come un atto di trasformazione interiore. I Raga, le strutture melodiche della musica indiana, sono concepiti per trasformare l’umore dell’ascoltatore e adattarsi ai momenti del giorno e delle stagioni, creando un’esperienza sonora in continua metamorfosi. Il sitar, strumento classico indiano, è progettato per produrre suoni con risonanze che evocano stati meditativi, permettendo un’esperienza di metamorfosi dell’ascoltatore. L’orchestra Gamelan dell’Indonesia è famosa per i suoi ritmi ciclici che rappresentano la perenne trasformazione della realtà. I suoni del Gamelan, con il loro alternarsi di tensione e rilascio, imitano il ciclo della vita e della rinascita. Il canto di mantra nell’Induismo e nel Buddismo è una pratica che porta a una metamorfosi interiore. Attraverso la ripetizione del suono, la mente si libera dall’ego e si avvicina alla trascendenza. Nel teatro Nō giapponese, la musica e il canto accompagnano la trasformazione dei personaggi. Gli attori, attraverso la voce e il ritmo lento dei tamburi, incarnano spiriti e divinità, rendendo visibile la metamorfosi tra il mondo materiale e quello spirituale.
La musica non è mai immobile: essa vive di trasformazioni continue, di passaggi da uno stato all’altro, che possono avvenire sul piano melodico (un tema che si evolve e si trasfigura), armonico (progressioni che aprono nuove dimensioni percettive) o timbrico (il colore sonoro che cambia e rigenera l’ascolto). Questa metamorfosi non è un semplice sviluppo tecnico, ma una trasmutazione spirituale, in cui l’ascoltatore è condotto attraverso stati emotivi e interiori diversi, come se il suono stesso fosse un organismo vivente in crescita e mutamento. Il senso più profondo di questa trasformazione risiede nella capacità della musica di trasfigurare l’esperienza umana, portandola da un livello ordinario a uno stato di consapevolezza più alto. La metamorfosi musicale diventa così un simbolo del processo interiore dell’essere umano: dal caos alla forma, dalla tensione alla risoluzione, dall’ombra alla luce. In sintesi, per Gregorat la metamorfosi in musica non è soltanto un fatto compositivo, ma un processo iniziatico: il suono diventa il veicolo di un passaggio, di un “oltre” in cui sia l’artista sia l’ascoltatore vengono trasformati.
Guardando al repertorio vastissimo della musica denominata “classica”, si scopre quanto questo potere sia manifesto, e quanto agisca sul piano emotivo, psicologico, sociale e spirituale. La musica classica è, per sua natura, un’arte della trasformazione: dei suoni, delle forme, delle emozioni e persino dell’essere umano. Attraverso il suo divenire incessante, essa permette l’esperienza della metamorfosi in modo intenso: come metafora della vita stessa.
a cura di Margherita Santi
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